Virginia Oldoini: La Contessa Ribelle

Scopri la vita straordinaria di Virginia Oldoini Contessa di Castiglione attraverso la sua arte rivoluzionaria e la fotografia. Tra bellezza, provocazione e ribellione, Virginia sfida le convenzioni dell'Ottocento, diventando un'icona di stile e avanguardia.

Caterina Fassina

9/17/202425 min read

Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, un’accozzaglia di nomi di cui in molti si sono dimenticati. Non sono però finiti qui: sarà Nicchia per gli amici, per matrimonio Contessa di Castiglione, per gli amanti Minà o Ninì. Poi ci sono tutti i fiumi di parole che altri hanno utilizzato per descriverla. Massimo D’Azeglio, Primo Ministro del Regno di Sardegna, l’ha definita “la più bella donna d’Europa”, Paolina di Metternich la vide a un ballo e la descrisse come “una statua di carne”. Oltre tutto questo, e più di questo, è anche una fotografa e una performer ante litteram.

L'infanzia e l'adolescenza.

Virginia nasce a Firenze il 23 marzo 1837. Suo padre è Filippo Oldoini, uno dei primi deputati del Regno di Sardegna e cugino di Camillo Benso Conte di Cavour. La sua carriera diplomatica lo porta a viaggiare parecchio e quindi non ha un legame particolarmente affettuoso con la figlia. Sua madre invece si chiama Isabella Lamporecchi e suo padre è il più noto avvocato e giurista fiorentino.
Faccenda parecchio insolita per l’epoca, i genitori di Virginia sono entrambi molto giovani quando nasce: sono poco più che adolescenti. In ogni caso è un matrimonio combinato, anche se i due paiono stimarsi molto. Isabella è senza dubbio la più responsabile e la più scaltra. Filippo è ambizioso e aperto ai consigli della moglie. Non si amano, ma fanno squadra per avanzare socialmente. Hanno un tacito accordo: entrambi hanno i propri amanti, Isabella non segue Filippo nelle sue missioni diplomatiche e lui la lascia libera di muoversi e vivere dove meglio crede. Virginia cresce con la madre a Firenze e in estate va a La Spezia, città d'origine del padre.

Il salotto dei Lamporecchi viene frequentato da noti politici, aristocratici e artisti del tempo. È qui che Massimo d’Azeglio la soprannomina per la prima volta Nicchia, da conchiglia, perché è timida e si rannicchia negli angoli. È un nomignolo con cui la chiameranno sempre i suoi famigliari e i suoi amici più affezionati. Nel salotto dei Lamporecchi Nicchia conosce Matilde Bonaparte, cugina di Luigi Napoleone, colui che diventerà Napoleone III. Luigi Napoleone è costretto all’esilio dalla Francia a causa del nonno Napoleone Bonaparte e passa del tempo a Firenze sotto la guida del nonno di Virginia. Il futuro imperatore di Francia tiene la piccola Nicchia sulle ginocchia.

Virginia non ha un’infanzia spensierata. È spesso sola, ma è acuta, furba e predisposta per le lingue. Impara da piccolissima inglese, tedesco e francese senza grosse difficoltà. Isabella poi si accorge da subito della sua bellezza e la espone come un trofeo. Crescere sentendosi lodata per la propria bellezza senza che nessun’altra qualità ti venga riconosciuta significa vivere una gabbia d’oro.

Passa la sua infanzia quindi tra Firenze e La Spezia, che è il posto del cuore di Virginia. Ci torna spesso e volentieri anche una volta sposata per trovare pace e contatto con il mare, elemento che la affascina probabilmente per la libertà che suggerisce a chi lo guarda. La sua libertà è anche l’unico credo di Virginia. Vive un'adolescenza particolarmente turbolenta. Nonostante non ami attrarre gli sguardi degli uomini, si distingue dalle coetanee per il suo fascino, questo è indubbio. Così, durante l’adolescenza il flirt diventa il suo hobby preferito. È anche vero che dalle donne giovani e ricche non ci si aspettava altro.

Di questo periodo della sua vita ci arrivano varie storie di cui non si ha certezza. Una delle più famose accade quando ha 12 anni. Il padre trova dei bigliettini romantici alquanto scabrosi che Virginia si scambia con un ragazzo e la spedisce in convento dalle Orsoline onde evitare spiacevoli incidenti che avrebbero rovinato la reputazione della figlia. Spera che le suore riescano a raddrizzarla. Quando Virginia arriva in convento, al posto che ribellarsi, diventa più suora delle suore. Si alza prima di tutte per pregare, si pente e dice alla madre superiora di voler prendere i voti. La suora è talmente preoccupata che Virginia abbia una crisi mistica che chiama il padre perché se la riprenda. Così Virginia si libera della punizione paterna in meno di una settimana. Non si sa se questa storia sia vera o meno, ma di certo Virginia è una giovane molto scaltra e determinata a ottenere ciò che desidera.

Probabilmente da questa punizione impara a cifrare il suo diario. Inventa un codice per raccontare per filo e per segno ogni suo incontro romantico con i giovanotti senza che occhi indiscreti possano comprendere quello che scrive. Non ha nemmeno 16 anni. Questo codice lo mantiene per tutta la sua vita, tant’è che gli storici sono riusciti a decifrarlo. “E” significa abbracci e carezze. “b” baci, “bx” baci, petting e preliminari, “f” indica invece un rapporto completo. Inutile dirvi che il primo “f” viene annotato nel suo diario ben prima del suo matrimonio, cosa che all’epoca per una donna bastava per rovinarsi la vita.

Qui dobbiamo fare un inciso. Tutte le bambine come Virginia crescono con l’unico imperativo categorico di essere buone mogli. Non hanno altre prospettive. Vengono poi cresciute sapendo già che l’amore non costituisce le fondamenta del matrimonio. Spesso sono a conoscenza dei tradimenti, soprattutto di quelli dei propri padri. Sanno che dovranno essere delle brave amministratrici, ottime organizzatrici di feste e dovranno aiutare il futuro marito a mantenere il prestigio sociale. Sanno di dover essere proprietà di qualcuno senza alcuna autonomia legislativa o personale. Per Virginia, che ha un animo indipendente e avventuroso, è una consapevolezza orrenda.

La scrittrice Matilde Serao scrive in un suo romanzo del 1857: “Quando siamo giovinette, la madre ci dice: l’uomo che sposate dovete amarlo. Se non potere amarlo dovete almeno rispettarlo, dovete essergli fedeli e obbedienti, conservargli il vostro corpo e la vostra anima, anche a costo di morie di dolore. Non vi è nulla di sublime, vedete; è un dovere, si compie.” Il matrimonio è un dovere, non solo per le donne, anche se certamente sono loro ad avere meno libertà una volta sposate. Sicuramente sono loro a rischiare di morire mettendo al mondo gli eredi. Il tasso di mortalità per le gestanti durante il parto è ancora molto alto in questi anni.

Il matrimonio e la corte sabauda.

Filippo e Isabella sono preoccupati per queste inclinazioni lussuriose di Virginia e cercano di farla sposare il prima possibile. Temono che perda la verginità prima del matrimonio, cosa che era già successa con Ambrogio Doria. Il matrimonio riparatore non è però nello stile della nobiltà e quindi bisogna trovare un altro pretendente. Con l’intermediazione di D’Azeglio, nel 1854 Francesco Verasis Conte di Castiglione, località in Piemonte, si presenta a una Virginia sedicenne. Francesco è anche lui un cugino di Cavour ed è già vedovo. Ha 11 anni in più di Virginia. Vuole conquistarla perché è la donna più bella d’Europa: la vuole per esibirla come un trofeo. Virginia gli dice da subito che lui non le piace. Gli dice esplicitamente: “Ama un’altra.” Francesco però insiste. Filippo, il padre di Virginia, vuole che i due si sposino perché Francesco fa parte della corte sabauda e lui vuole avanzare nella sua carriera diplomatica. Il nonno Lamporecchi non è d’accordo con il matrimonio, ma i due comunque si sposano in Santa Maria del Fiore a Firenze nel 1854 prima di trasferirsi a Torino.

Nel 1855 nasce Giorgio, l’unico figlio di Virginia e Francesco. Virginia odia la gravidanza. Si è detto che non amasse nemmeno il figlio. In realtà lei vuole per Giorgio un futuro brillante. Lo chiama bijou d’enfant, un gioiello di bambino. Litiga spesso con Francesco perché lui vorrebbe mandarlo in un collegio militare mentre Virginia vorrebbe che diventasse un “grande uomo di Stato” e che sposasse qualche principessa. Forse cerca di vivere la sua vita tramite lui; vuole per lui le stesse cose che vorrebbe per se stessa ma che è consapevole non otterrà mai in quanto donna. Voleva che ricevesse un’educazione impeccabile, quella che non aveva ricevuto lei, cosa per cui si sentirà sempre profondamente insicura.

Dopo la nascita di Giorgio inizia un periodo finanziariamente complicato per la coppia. Francesco intraprende degli investimenti poco furbi che gli fanno perdere grande parte della sua fortuna. La madre Isabella lo soprannomina “il povero Bocco” perché non è particolarmente acuto. Virginia odia questo aspetto di suo marito. Scrive proprio a Francesco: “Vi sono caratteri siffatti che paiono acqua quando l’acqua non corre, ma quando la corrente è in corso, non si fermano più né per cristi né per santi et il n’y a pas de loi qui tienne!” (e non c’è legge che tenga).

Dopo otto mesi dalla nascita del bambino la vita di Virginia cambia radicalmente. Camillo Benso Conte di Cavour, appena subentrato a Massimo D’Azeglio come Primo Ministro del Regno di Sardegna. È diventato quindi il braccio destro di Vittorio Emanuele II. Cavour non nutre parecchia simpatia per Virginia. Ci sono varie ipotesi sul motivo. Qualcuno sostiene che non fosse intrigato dal suo fascino, anche se riconosceva la sua bellezza. Altri invece ritengono che Cavour fosse stato rifiutato da Virginia e che quindi si comportasse con lei da amante ferito. Dal canto suo Virginia annota sul suo diario che Cavour è l’unico uomo che riesce a metterla in soggezione.

Torniamo al 1855. Virginia viene contattata da Cavour per una missione. Lui e Vittorio Emanuele II hanno deciso di farla entrare nei servizi segreti sabaudi per perorare la causa dell’Unità italiana presso la corte di Francia alle dipendenze di Napoleone III, quello che teneva la piccola Virginia sulle ginocchia. Anche Vittorio Emanuele II però è molto attratto da Virginia, tant’è che lei annota sul suo diario un rapporto completo il 16 novembre 1855, proprio il giorno in cui il Re le fa visita prima che parta per Parigi.

Facciamo un excursus su Vittorio Emanuele II. Quando conosce Virginia è un uomo di 35 anni, un viscido che si vanta spesso delle sue conquiste in modo improprio, tradisce la moglie con uno stuolo di amanti da cui ha altrettanti figli illegittimi. La moglie però non si scorda di metterla incinta talmente tante volte da causarne la morte. Non è un uomo affascinante né intellettualmente né fisicamente. Molto probabilmente Virginia lo usi come porta d’ingresso nelle corti europee e nei circoli esclusivi dell’aristocrazia.

La missione di Virginia è quella di avvicinare Napoleone III per ottenere un ruolo importante per il Regno di Sardegna al tavolo delle trattative di pace dopo la Guerra di Crimea persa dalla Russia. Il compito non dovrebbe essere estremamente arduo dato che Napoleone III è più italiano che francese; aveva vissuto a Firenze, era entrato nella Carboneria e aveva partecipato ai primi moti risorgimentali nel nostro paese. Si è però sposato con la spagnola Eugenia de Montijo, che gli italiani li odia profondamente. Per questo motivo Cavour invita Virginia a utilizzare qualsiasi mezzo, ovvero la seduzione, per ottenere l’appoggio di Napoleone.

Dopo aver imparato anche il codice cifrato dei servizi segreti, Virginia parte per Parigi insieme al figlio e a Francesco. A proposito di Francesco tanti storici hanno sostenuto che lui non sapesse nulla della missione della moglie. È abbastanza improbabile che non ne fosse a conoscenza. Piuttosto acconsente a farla diventare una cortigiana (un modo carino di dire prostituta) al servizio della diplomazia informale di Cavour. Francesco vuole ottenere incarichi diplomatici e lustro, oltre a soldi che puntualmente sperpera. Dà il suo benestare per ambizione personale.

La mossa di Cavour non è insolita. Spesso uomini di Stato europei cercano di infilare nel letto dei sovrani stranieri propri compatrioti per riuscire a influenzarne la politica estera e trarne vantaggio. Virginia non è la sola donna che viene mandata alla corte francese. Ce ne sono molte altre, così come ci sono gli uomini. Costantino Nigra è uno di questi. Cavour gli chiede di sedurre l’imperatrice Eugenia de Montijo. Chissà però perché le biografie di Nigra parlano di un’amicizia affettuosa tra i due, mentre Virginia viene sempre descritta come quella facile.

Attenzione però. Virginia non è una vittima, non credo possa essere considerata tale. È una donna molto caparbia e anche lei è ambiziosa. Non si piange addosso, ma la sua intelligenza le permette di cogliere perfettamente l’amarezza del suo ruolo così come il doppiopesismo da cui esce sempre sconfitta.

È dicembre 1855 e Virginia ha solo 17 anni quando arriva a Parigi, dove i diplomatici italiani hanno preparato il suo arrivo tessendo le lodi della sua bellezza. Virginia debutta negli alti circoli francesi con un ballo al palazzo delle Tuileries nel gennaio 1856. Furba com’è, sapendo che l’Imperatrice Eugenia è incinta, si presenta al ballo verso le due di notte, quando ormai Eugenia è andata a dormire. Indossa un abito che le segna le forme e lascia intravedere il suo corpo con delle trasparenze. Clement de Maugny scrive che era “seminuda come una dea dell’antichità”. Il suo ingresso causa mormorii scandalizzati ma anche molta curiosità.

Matilde Bonaparte, sua amica d’infanzia e cugina di Napoleone III, organizza una festa il 9 gennaio. È la prima volta che Napoleone la vede cresciuta, ma non ne rimane estasiato perché Virginia si mostra stranamente impacciata ed emozionata. Andrà bene la seconda volta, il 26 gennaio. Virginia arriva al solito molto tardi, quando Napoleone ormai stava lasciando la festa. L’imperatore la incrocia sulla porta e le fa notare l’orario, cosa a cui Virginia candidamente risponde che era lui ad andarsene troppo presto. In un mese Napoleone è cotto a puntino, giusto in tempo per l’inizio delle trattative di pace con la Russia. Il Piemonte infatti acquista un ruolo cruciale nelle trattative di pace contro la Russia che ricordiamo, era alleata degli Asburgo quindi dell'impero austro-ungarico, tanto inviso alla causa risorgimentale italiana.

Ora. Lasciamo le questioni storiche da parte. È a Parigi che Virginia scatena la sua vena artistica. Collabora soprattutto con il fotografo Pierre-Louis Pierson a Parigi. Pierson in realtà non è che il braccio meccanico che le permette di farsi un autoscatto perché il resto lo gestisce tutto lei. Virginia arriva persino a editare le proprie foto e per questo in molti la reputano una delle prime fotografe, attribuendole la piena autorialità degli scatti. Si sostiene anche che sia stata la prima performer perché utilizza uno strumento artistico, la fotografia, come estensione del proprio corpo. Manda ai suoi amanti i propri scatti e anche calchi di parti del proprio corpo. In qualche occasione gli chiede anche di restituirglieli dopo averli ammirati.

Dato che la maggioranza delle sue testimonianze scritte sono andate perdute per motivi che dopo esploreremo, il corpus delle sue fotografie assume un’importanza cruciale. Abbiamo detto che Virginia si occupa di tutto, dalla messa in scena all’editing degli scatti che la rendono protagonista. La fotografia come medium è appena nato, ma Virginia intravede una possibilità che la pittura non concede; la fotografia le permette controllare la propria immagine. Quando un pittore ritrae una dama lo fa sempre attraverso i propri occhi, la sublima tramite il suo sguardo. Anche di Virginia abbiamo alcuni ritratti e non c’entrano nulla con le fotografie dove è lei a concepirsi.

Virginia è maniacale nella costruzione della propria immagine e anticipa molte tendenze che prenderanno piede con il decadentismo prima e le avanguardie dopo. È nota a Parigi per il suo stile eccentrico e in controtendenza. Utilizza elaborate parrucche che coprono i suoi ricci biondi, cosa che alla fine dell’Ottocento poteva apparire fuori moda. Si iniziano a privilegiare le acconciature elaborate ma realizzate con i capelli naturali. Virginia invece si traveste, è una dandy al femminile, vive tramite la sua maschera e il suo personaggio. Non le importa che l’alta società conosca la sua vera essenza, ha già capito che il proprio valore non verrà mai riconosciuto perché donna. Lei tuttavia è consapevole di quanto valga e con gli altri ci gioca solamente. La compenetrazione tra arte e vita con Virginia è totale.

Virginia si reca nello studio di Pierson soprattutto quando deve partecipare a un ballo in maschera. Mette a punto la scenografia e si presenta con il travestimento scelto per l’occasione. Si piazza davanti alla macchina fotografica e passa le ore in posa, ironizzando e sperimentando su se stessa tramite le pose, gli sguardi e le espressioni. Grazie alla fotografia ci sono arrivate le immagini dei costumi che causano scandalo a Parigi e alimentano il mito e la leggenda di Virginia. A dirla tutta Virginia non propone delle mise molto differenti dalle sue contemporanee però ci dedica una cura che le altre non fanno. È maniacale e quindi risulta sempre la più originale. Poi nessuna di loro utilizza le fotografie come continuità di se stessa.

Le mise più famose sono la Regina di Cuori e la Regina d’Etruria, ma ce ne sono altrettante che dovrebbero essere ricordate e alcune che non sono mai uscite dallo studio di Pierson. Virginia è anche la prima a fotografarsi le caviglie e i piedi dall’alto, inquadratura inusuale. Soprattutto sono parti del corpo all’epoca molto più scandalose delle spalle scoperte.

Tra le innovazioni in fatto di moda che le si attribuiscono ce ne sono due che vale la pena menzionare. Innanzitutto non utilizza quasi mai il corsetto, considerandolo a buona ragione una tortura medievale. Dopodiché utilizza biancheria intima colorata e leggerissima, spesso di raso o seta rigorosamente nera. Inizia anche a utilizzare mutande più corte e porta alla ribalta le giarrettiere.

Questa sua passione per la fotografia si è spesso attribuita al suo narcisismo o al terrore di invecchiare. Dato che la fotografia ferma nel tempo e tramanda ai posteri, Virginia ha cercato in tutti i modi di rendere la propria bellezza immortale. Non è proprio così. Virginia non nutre alcun interesse per la sua bellezza. È consapevole di essere molto bella, ma non le importa. Vorrebbe essere ricordata per altro.

È molto consapevole del proprio valore, ma per una donna questo è ritenuto un affronto. Dice rispetto alle altre donne: “Le eguaglio per nascita. Le supero per bellezza. Le giudico per ingegno.” Sa di avere tutte le carte in regola per diventare qualcuno, ma è altrettanto dolosamente consapevole che le manca la carta fondamentale: non è un uomo.

Di se stessa anni dopo scrive: “Il Padre eterno non sapeva cosa si faceva quel giorno che l’ha messa al mondo; ha impastato tanto e tanto e quando l’ha avuta fatta ha perso la testa vedendo la sua meravigliosa opera, e l’ha lasciata lì, in una canto, senza metterla a posto. Intanto l’hanno chiamato fuori da qualche altra parte e quando è tornato l’ha trovata fuori posto.” Pensate la consapevolezza e il carattere che deve avere una donna che si prende in giro in questo modo, addirittura ipotizzando di disubbidire persino a Dio. Da queste parole intuiamo anche il forte desiderio di indipendenza di Virginia. Lei si vuole plasmare.

Nel frattempo il matrimonio con Francesco procede malissimo. Virginia annota sul suo diario che deve sopportare gli scatti d’ira del marito fin da quando era rimasta incinta. Francesco è infastidito perché Virginia non va a messa la domenica, non vuole andare a letto con lui perché non vuole rimanere di nuovo incinta e soprattutto non fa mistero della scarsa considerazione che ha di lui. Lo reputa un inetto che non è nemmeno buono a tenere i conti della famiglia. Francesco decide di lasciarla e di rientrare a Torino portando con sé il piccolo Giorgio. Molti sostengono che lei non ne abbia sofferto. Dato che lei avrebbe voluto però un futuro diverso per Giorgio, possiamo immaginare che la scelta di Francesco l’abbia rattristata, anche perché è stata l’ennesima conferma di non valere niente pur essendo la madre del bambino.

Dalle fonti ufficiali pare che in realtà Virginia sia diventata amante di Napoleone III solamente dopo i trattati di Parigi, conclusi a metà aprile del 1856. Tuttavia non si conoscono molti dettagli perché la maggior parte delle pagine dei diari dove Virginia descrive la questione è stata distrutta dai funzionari italiani non appena è giunta notizia della sua morte. Si sa che Napoleone III le regala un anello con uno smeraldo che al suo interno ha incisi i loro nomi con un codice cifrato. Napoleone III le compra anche una casa che ha un ingresso dal giardino in modo tale che lui possa farle visita senza essere notato. Quando i due iniziano la relazione, Napoleone III ha 48 anni e Virginia appena 18. Non è molto più bello di Vittorio Emanuele. Ha la gotta, zoppica, soffre di reumatismi. È una cartella medica con le gambe.

L'Imperatrice Eugenia viene a conoscenza della relazione di Virginia con suo marito quasi subito. Non è gelosa come viene tramandato. Piuttosto è preoccupata di perdere il suo ascendente politico su Napoleone III. Eugenia non vuole che il marito appoggi la causa italiana e soprattutto non desidera che intraprenda una guerra contro l’Austria e la Prussia. Chiaramente Virginia rappresenta una minaccia per la sua agenda politica. A Eugenia frega poco o niente di Napoleone III come marito. Anche lei ha i suoi amanti. È piuttosto una questione di potere. Tutte le donne sanno bene che per acquistare potere politico bisogna circuire un uomo di potere. Tutte le donne di una classe sociale elevata ricoprono ufficiosamente un ruolo diplomatico fondamentale, spesso molto più cruciale di quello maschile, ma meno conosciuto. Le regine devono mantenere quel potere, le altre devono diventare amanti.

Il 2 aprile del 1857 succede un fatto che strappa però questo potere a Virginia. Napoleone III subisce un attentato dopo averle fatto visita. Non si conoscono bene né la dinamica né tutti i risvolti. È molto probabile che non ci sia stato alcun attentato e che le guardie di Napoleone III abbiano ucciso un domestico pensando fosse un attentatore. In ogni caso Virginia viene accusata di essere al corrente dei fatti. Molti pensano che in realtà sia stata Eugenia ad architettare un finto attentato per non perdere potere. La stessa Virginia viene interrogata e la si sente urlare: “Quella spagnola me la pagherà cara.” Non è chiaro se Eugenia riesca a farla espellere dal Paese oppure sia stata Virginia a valutare che sarebbe stato meglio prendersi una pausa dalla Francia. Probabilmente la seconda.

Vagabondaggio europeo e spionaggio finanziario.

A luglio viene invitata da Lord e Lady Holland a Londra, stringe una forte amicizia con Enrico d’Orléans, figlio dei sovrani francesi costretti all’esilio dai moti del 1848. Di fatto si tratta del legittimo erede al trono di Francia. Dopo però un breve soggiorno decide di tornare a Parigi, dove incontra di nuovo Napoleone III a Compiègne.

Napoleone III e Cavour preparano gli accordi per la seconda guerra d'indipendenza italiana contro gli Asburgo. Siamo nel pieno del Risorgimento. Gli accordi di Plombières vengono raggiunti tra Francia e Regno di Sardegna nel 1858. La quindicenne principessa Clotilde di Savoia viene fatta sposare con Napoleone Giuseppe Carlo Bonaparte, 21 anni in più di lei, cugino di Napoleone III.

Non si sa cosa faccia Virginia nel 1858. Data la sua grafomania, è possibile che fece di tutto e che quindi i funzionari italiani abbiano distrutto ogni prova dei suoi reali spostamenti. Per quanto ne sappiamo avrebbe potuto essere a Plombiéres insieme a Cavour.

Nel 1859 scoppia la guerra d'indipendenza italiana contro gli Asburgo. Virginia intravede la possibilità di speculare sulla guerra. Diventa amante di Giuseppe Cigala, zio di suo marito e generale dell'esercito sabaudo, e di Henri de la Tour d’Auvergne, funzionario dell’ambasciata francese a Torino. Dai due apprendere informazioni riguardanti la guerra in modo da poter giocare in borsa correndo pochissimi rischi. Si tratta di spionaggio finanziario e Virginia lo farà molte volte per pagare i suoi debiti. Specula tramite la Banca Rothschild dato che nel frattempo è diventata anche l'amante del barone di Rothschild.

Sembra che tutto proceda a meraviglia fino all’11 luglio del 1859. Napoleone III ha appena combattuto al fianco del Regno di Sardegna la battaglia più violenta di tutto il Risorgimento, quella di Solferino e San Martino. Sta proseguendo verso Venezia quando l’imperatrice Eugenia gli fa recapitare un messaggio in cui l’avvisa che la Prussia è pronta a scendere in guerra al fianco dell’Impero austro-ungarico. Napoleone III allora decide di firmare l’armistizio di Villafranca e tornarsene in Francia.

Virginia ne è ovviamente molto delusa, anche se da un po’ aveva smesso di reputarlo un cavallo vincente.

Dopo la fine della guerra Virginia chiede la separazione a Francesco. Compra Villa Gloria, vicino a Torino, e vi si trasferisce. Per il lavoro diplomatico che ha svolto a Parigi, Vittorio Emanuele II dispone di retribuirla con 12.000 Fr l'anno. I giudici condannano Francesco a ridarle la propria dote, soprattutto in virtù delle sue difficoltà di gestione del patrimonio famigliare. Per quanto riguarda Giorgio, Virginia ottiene l’affidamento esclusivo fino a quando il bambino compirà dieci anni, dopodiché dovrà essere restituito al padre.

Probabilmente è in questo periodo Virginia e Vittorio Emanuele II diventano amanti più frequenti. Virginia tuttavia vive questo periodo lontano dallo sfarzo dei balli di corte. Ha poco più di venti anni quando si ritira a Villa Gloria. Per quanto non ci si voglia credere, Virginia non ama essere al centro dell’attenzione. Ci si ritrova perché audace, ma odia le attenzioni maschili, gli sguardi che pensano di possederla grazie a un privilegio di nascita. Durante tutto il corso della sua vita alternerà momenti di estrema socialità a lunghi periodi di ricercata solitudine.

A Villa Gloria deve smaltire la delusione di un mondo che non ha spazio per lei. È donna e sa bene che non raggiungerà mai il potere che un cervello fino come il suo avrebbe potuto avere tra le mani se fosse appartenuto ad un uomo. Le donne benestanti non hanno più diritti delle popolane. Al massimo hanno qualche privilegio in più. Virginia è molto arrabbiata, cinica, disillusa. Torino non parla bene di lei. Solo la sua bellezza non può essere messa in discussione. Henry D’Ideville, uno scrittore, è uno dei pochi che riesce ad avvinarla durante questi anni di solitudine. Scrive di lei che il personaggio non c’entra nulla con la persona. Virginia non è come la descrivono. D’Ideville riconosce che possiede “sulla gran parte delle donne, una superiorità d’intelligenza e di carattere che non cede in nulla alla superiorità che, le stesse donne, le riconoscono in termini di grazia, eleganza e bellezza.” In parole povere, è tanto bella quanto intelligente, ma questo secondo attributo in pochi lo sospettano.

Dal canto suo Virginia si confida con D’Ideville. Crede di non servire più a niente. Non possiede più un ruolo. Non che questo le dispiaccia. Dice: “Preferisco vivere sulla mia collina, tranquilla a volte, sempre indipendente, e, soprattutto al riparo da quelle relazioni banali che odio. è l’unico modo di sottrarmi a tutto quello che è bestiale, volgare, laido e falso.”

Nel 1862 riesce finalmente a tornare a Parigi con l’obiettivo di entrare ancora nella Corte francese. Conducendo una vita appartata riceve amanti tra i più altolocati. Riesce a commuovere persino Monsignor Bernard Bauer che è padre spirituale dell'Imperatrice Eugenia. Gli racconta la sua storia di donna sedotta e abbandonata, del marito che l'ha lasciata e del figlio che le è stato strappato. Diciamo che imbelletta parecchio la vicenda. Il monsignore convince Eugenia a farla rientrare a Corte appellandosi alla sua pietà umana. Diciamo che Virginia ha messo in pratica le stesse tecniche che aveva utilizzato con le Orsoline a La Spezia.

Il 9 febbraio 1863 Virginia si traveste da Regina d’Etruria e torna al palazzo delle Tuileries in occasione di un ballo in costume. La sua mise vorrebbe rivendicare il ruolo che ha giocato nel Risorgimento italiano e che anche oggi le viene riconosciuto a fatica. Si tratta di un drappo rosso che Virginia trattiene con un solo fermaglio. Indossa scandalosamente dei sandali che lasciano scoperti i piedi. In testa indossa una corona. Il suo accompagnatore è Costantino Nigra, che è invece impegnato con l’imperatrice Eugenia. Alcune foto che scatta vestita da Regina d’Etruria le ritocca sostituendo il ventaglio con un pugnale per poi spedire la foto a Francesco e intitolarla Vendetta.

È inevitabilmente per lei un periodo di assestamento finanziario. Spesso è costretta a vendere alcuni suoi gioielli, ma inizia anche a giocare in Borsa. È parecchio interessante quello che succede. Inventa l’ennesimo codice cifrato per ricevere informazioni dal fronte della guerra franco-prussiana del 1866 in modo tale da poter investire senza troppi rischi.

Nel 1867 Francesco muore e lei rimane vedova a trent'anni. Viene investito da una delle carrozze reali della corte sabauda. Virginia così è libera. Non deve più combattere per la custodia di Giorgio e soprattutto può disporre della sua vita come meglio crede. Peccato che però i figli continuino ad appartenere alla famiglia paterna anche in caso di morte del padre. Giorgio è quindi costretto a lasciare la madre per ricevere un’educazione sotto il controllo della famiglia Verasis. Potrà tornare a vivere con la madre solo a 18 anni compiuti, anche se è Virginia a mantenere il controllo sulla sua eredità fino ai 21 anni.

Virginia decide di non risposarsi, nonostante continui ad avere molti amanti. Vuole essere libera per poter trovare più agilmente un proprio spazio. Probabilmente Enrico d’Orléans tenterà di dirle cosa fare perché a un certo punto lei risponde stizzita a una sua lettera che se avesse voluto qualcuno che la comandasse si sarebbe risposata. Quella di non cercarsi un altro marito è una scelta coraggiosa che intraprende quasi sicuramente per evitare altre gravidanze, che continuano a essere un rischio per le donne dell’epoca.

D’altronde la Regina Maria Adelaide D’Asburgo-Lorena, la prima moglie di Vittorio Emanuele II, muore in quel periodo proprio per questo. Il suo fisico è troppo provato dai numerosi parti a cui viene sottoposto nel giro di 10 anni. Vedovo, tra le varie amanti, Vittorio Emanuele II ha non solo Rosa Vercellana, una donna del popolo con cui aveva già avuto due figli illegittimi, ma anche Virginia. La Bella Rosin, così viene soprannominata la Vercellana, è però la preferita del re. Non lo è altrettanto della Corte sabauda. In molti chiedono a Virginia di distogliere l'attenzione del sovrano da una popolana che avrebbe fatto perdere lustro alla famiglia reale.

Virginia conquista però anche l'imprenditore Ferdinand de Lesseps, futuro costruttore del Canale di Suez. Ferdinand le propone di raggiungerlo a Istanbul. Virginia utilizza questa proposta come ricatto per Vittorio Emanuele II. Ottiene così un appartamento di 12 camere a piazza Pitti e le estingue tutti i debiti. Tuttavia, il re sposa Rosa nel novembre del 1869 e tutti i tentativi di salvare la faccia della monarchia italiana vanno a rotoli. Non che a Virginia importi più di tanto. È in altre faccende affaccendata.

Nel 1870 scoppia la guerra franco-prussiana, che porta al crollo del regime di Napoleone III. Virginia lascia Parigi e si rifugia a La Spezia, dove la coinvolgono per organizzare la Breccia di Porta Pia e completare il disegno risorgimentale. Si sa che Papa Pio IX è innamorato di lei. Virginia lo utilizza per ottenere informazioni e convincerlo a non agire contro l'esercito sabaudo che stava avanzando verso Roma.

A nord dell'Italia con il passare dei mesi è sempre più evidente che la Francia stia perdendo la guerra contro la Prussia. Il futuro Presidente francese Adolphe Thiers raggiunge Virginia a Firenze, per chiederle di introdurlo nei circoli istituzionali italiani e perorare la causa francese. Le chiede anche di contattare Otto von Bismarck, Primo Ministro prussiano, per concordare un armistizio. Virginia consiglia a Bismarck di non imporre sanzioni troppo dure per non dare un pretesto al revanscismo di acuirsi nelle zone di frontiera tra Prussia e Francia. Dopo la lettera di Virginia, Bismarck acconsente a incontrarsi con Thiers, ma il consiglio di Virginia non lo segue, commettendo un grandissimo errore dato che questo accordo di pace è considerato una delle cause prime della Grande Guerra del ‘15-‘18. In ogni caso dopo la guerra franco-prussiana Napoleone III viene destituito e Thiers diventa Primo Ministro della Terza Repubblica francese.

Nel 1873 muore la madre Isabella Lamporecchi. Virginia soffre moltissimo per questo lutto, anche se con la madre aveva un rapporto conflittuale. L'anno dopo torna a Parigi. Nonostante i rapporti cordiali con Thiers, che è diventato Presidente della Repubblica Francese, Virginia cerca di reinstaurare la monarchia.

Sempre con un occhio alle sue finanze, diventa amante del giornalista Paul de Cassagnac, con cui riesce a speculare ancora in banca con successo. Tutta la fortuna che riesce ad accumulare però la perde l'anno successivo. Nel 1874 il figlio Giorgio le ruba tutte le lettere che aveva scritto a gran parte dei suoi amanti, nonché uomini di Stato europei. Giorgio vuole che la madre gli conceda di emanciparsi prima dei 21 anni. Virginia cede per quieto vivere e non vedrà più Giorgio, che tra l’altro muore a Madrid cinque anni dopo, a soli 24 anni.

Virginia scrive che Giorgio è stato l’unico uomo che abbia davvero amato.

Virginia l'esteta.

Si è detto che l’ultima fase della sua vita sia stata segnata dalla pazzia, che lei viva un vero e proprio lutto per la perdita della propria giovinezza. Non si fa più vedere in occasioni mondane ed esce solamente di notte. Queste sono leggende. Virginia è solo che contenta di non essere più considerata bella perché vecchia: si è liberata di un peso. Gli amanti poi non le mancano quindi non si può dire che non sia affascinante.

D’altro canto non le interessa smentire voci che costruiscono la sua iconicità. Scrive: “Io sono io, e me ne vanto; non voglio niente dalle altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona, dato il mio carattere fiero, franco e libero, che mi fa essere talvolta cruda e dura. Così qualcuno mi detesta; ma ciò non mi importa non ci tengo a piacere a tutti.” L’incomprensione tra lei e il mondo nasce dal gusto decadente di Virginia che predilige uno stile gotico. Anticipa il decadentismo del black dandy, ovvero quello di Baudelaire, vestendo sempre rigorosamente di nero, utilizzando anche tende nere nella sua casa di Parigi (dove ora ci sono gli uffici di Dior). Parecchio famosa è la fotografia in cui si ritrae insieme al cagnolino morto, oltre a una fotografia che rappresenta il cane senza vita circondato da oggetti sapientemente selezionati. Una sorte di natura morta decadentista. La predilezione di Virginia per le nature morte ci suggerisce che lei in realtà non fosse né pazza né triste di aver perso bellezza e giovinezza. La natura morta rappresenta la consapevolezza della caducità di ogni aspetto della vita umana. Virginia quindi ha contezza di ciò che succede e ne è talmente distaccata da tradurre il proprio tempo in arte.

Il Primo Ministro italiano Urbano Rattazzi l’ha definita “la vulva d’oro del nostro Risorgimento.” Un’affermazione orrenda che ha avuto il potere di imprigionarla nello stereotipo della scalatrice sociale e che la dice lunga su come gli stessi uomini che utilizzano le donne per la propria agenda politica poi le ripaghino dei servizi resi alla nazione. Virginia è molto consapevole di ciò che ha fatto per l’Italia e sa benissimo che non è solamente una questione di letto.

Nel 1892 rilascia un’intervista a un giornale che si occupa di letteratura e politica. Si tratta di un testamento artistico e politico da cui emerge una donna che ha cercato per tutta la vita il proprio spazio senza mai trovarlo. Non ha mai voluto esistere in funzione dello sguardo maschile e ha da sempre avuto la consapevolezza che la bellezza agli occhi maschili svanisce e che si deve puntare su altro.

D’altronde Virginia dichiara proprio nel corso di questa intervista di aver servito l'Italia come poche altre persone, ma di essere stata messa da parte. Lo scrittore francese Émile Zola era stato il primo a intuire che Virginia avesse un potere ufficioso non indifferente e che possedesse documenti che avrebbero svelato i retroscena dei principali avvenimenti politici francesi. Virginia chiede che questo ruolo le venga riconosciuto.

Oggi abbiamo le prove che questo ruolo aveva tutti i diritti di rivendicarlo. Nel 1869 scrive che l’Italia dopo la riunificazione è una piccola Europa dove l’interscambio culturale è molto attivo pur parlando tutti lingue diverse. Scrive poi che occorre rendere la finanza dell’Italia unificata competitiva sul mercato internazionale e che ci si deve appoggiare ai Rothschild. Intuisce poi che Napoleone III non sarebbe durato a lungo, invita Bismarck a non tirare troppo la corda con la Francia. Al cancelliere prussiano scrive: “Non fate nascere l’odio, un odio implacabile alleato alla vendetta uccidendo gli affetti e gli amori… Voi direte che parlo come una donna da romanzo. No, io parlo per un uomo di Stato come voi.”

Quando nel 1892 il giornalista le chiede se sia attaccata alla sua bellezza lei risponde: “Ho preoccupazioni più alte, grazie a Dio.” Come vedete, non gliene frega niente di essere invecchiata. Qualsiasi uomo alla sua età sarebbe stato considerato saggio e non ombra della propria gioventù.
Dal punto di vista artistico Virginia ci lascia, oltre a una serie di innovazioni nel mondo dell’haute couture, un esempio di dandismo femminile che anticipa le dive del cinema degli anni Venti. Virginia costruisce se stessa per un pubblico che la scruta. Inevitabilmente si cela dietro un personaggio. Ricordiamoci che da piccola viene soprannominata Nicchia perché si rannicchia: è una donna timida. Per controllare questa timidezza l’unica mossa è esagerare a tal punto che la propria essenza non si intraveda. Sembra un paradosso, ma succede a molti esteti tra cui Baudelaire. Ciò che rimane di vero è il desiderio di una libertà e di un’indipendenza che riescono a nascondere la timidezza ma che si declinano in un gusto stravagante ed eccentrico. Virginia vive in controtendenza non tanto per far parlare di sé, ma piuttosto perché odia l’ambiente che la circonda. Non le corrisponde.

Virginia muore a 62 anni il 28 novembre del 1899 probabilmente per un ictus. Funzionari dei servizi segreti italiani recuperano e bruciano le prove dei carteggi del Regno Sabaudo prima che diventino di pubblico dominio. Da quello che si è riusciti a recuperare abbiamo il quadro di una donna di un’intelligenza sopraffina, un’acuta osservatrice delle dinamiche sociali e una profonda conoscitrice dell’animo umano.

Muore da sola, così come in realtà è stata per la maggior parte della sua vita. A nessuno dei suoi amanti importava veramente di lei, forse solamente a Francesco, che però era innamorato della sua bellezza, cosa che invece per lei non valeva nulla. L’ultimo dispetto che fa prima della morte è diseredare tutti i suoi parenti più prossimi.


Ci lasciamo con una frase di Virginia: “Ogni donna ha il dovere di essere bella, non per sé, ma per gli altri. Per sé invece, deve essere ambiziosa, astuta e agguerrita.” Credo che oggi nessuna abbia più per fortuna il dovere di essere bella, né per sé né per gli altri, ma , sarebbe sacrosanto concentrarsi sul dovere per sé stesse di essere ambiziose, astute e agguerrite.

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